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Presentazione
CHI SONO
Scrivo di enogastronomia,ricerca, filosofia e antropologia del cibo. Sono conosciuta sui social con le mie pagine "Sapori e Parole...

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Tagliolini di pesce di Michel Roux Jr
Grazie
RISOTTO ALLO ZAFFERANO CON MEDAGLIONI DI ARAGOSTA E MIELE DI ASFODELO
Acquisto dei medaglioni di aragosta e li metto a scaldare in padella con un po' d'olio, nel quale ho cura di sciogliere lo zafferano. Soffriggo un po' scalogno tritato nel burro, a fuoco basso, finché non diventa trasparente. Quindi unisco del buon riso Carnaroli, lo tosto per circa 1 minuto e sfumo con vino bianco; lascio evaporare il vino, aggiungo lo zafferano ancora caldo e continuo a mescolare finché il riso prende il colore. Quando è quasi pronto spengo la fiamma e vado a mantecare con miele di asfodelo e parmigiano. Servo con i medaglioni di aragosta delicatamente appoggiati sopra.
Entrée o portata?
Occorre della burrata di ottima qualità, lavorata a crema. Una bietola rossa al forno. Zeste di arancio. Ottimo olio evo. Pistacchi tostati. Miele di arancio. Si assembla in piatto con alla base una fetta di barbabietola al forno, poi un paio di cucchiai di burrata,poi due fette di barbabietola e si finisce con zeste d'arancia e pistacchi tritati. Si completa con olio evo e miele d'arancio.
Facciamo l'upgrade del pollo arrosto?
Un piatto davvero comune e troppo spesso bistrattato, rovinato da catene di cibo spazzatura, fanno perdere anche la voglia di vederlo nel piatto. Eppure... il pollo arrosto può diventare delizioso e tornare a farsi desiderare ed apprezzare grazie all'ingrediente giusto. Quale? Il miso giapponese! Due ragioni: ha un profondo umami e trattiene l'umidità . Sono sufficienti? Direi proprio di sì, provare per credere. Cos'è il miso ? Semi di soia fermentati, con sale e koji ( un fungo del riso). Di solito lo si usa per dare corposità a zuppe e salse, io lo metto nel pollo arrosto: delizioso!
La sua fermentazione naturale crea una leggera reazione di Maillard, col risultato di avere una crosta ricca e dorata. La succosità migliora notevolmente, durante la cottura. Acquisto pasta di miso e la doso con giudizio. Il segreto è l'equilibrio, non deve mai sopraffare il piatto. Preferisco usare miso bianco ( shiro) obbligatoriamente di buona qualità. Il miso bianco è dolcemente delicato e ha poco sodio. Mai applicarlo direttamente sulla pelle, meglio marinarlo. Di solito lo metto a marinare con miele di acacia ( o sakè o mirin) Oppure lo mescolo a burro, limone e miele di acacia e lo spalmo su tutta la superficie del pollo. Molto elegante e gustoso.
EDAMAME
PATSAVOUROPITA
E se vi dicessi....PATSAVOUROPITA?
E' una preparazione a base di pasta fillo, che i panificatori greci usavano per riutilizzare gli avanzi di questa pasta, in quanto va bene anche se non più umida ma secca.
La mia è una versione dolce - salata in cui utilizzo o miele di timo greco o di arancio.
Premetto che preferisco utilizzare pasta fillo surgelata, perché meno umida di quella da conservare in frigo e non voglio pasta umida.
In una padella sciolgo del burro. Fodero con qualche strato di fillo una tortiera quadrata, spennello col burro fuso. Strappo alcuni fogli di pasta e li accartoccio un po', proprio come se fossero stracci vecchi ( infatti torta di vecchi stracci è il nome di questa preparazione). Li butto letteralmente a caso nella teglia. Poi sbriciolo sopra un po' di feta( non tutta perché servirà anche negli altri strati), parmigiano, timo e burro fuso. Procedo così alternando altri strati, finché ho ingredienti. Nell'ultimo strato cerco di tenere gli "stracci" di fillo ben vicini e cospargo di burro fuso. Con un coltello faccio le porzioni ( a me ne vengono 9). Sbatto 2 uova e 150ml di latte intero, quindi verso tutto sopra. Spolvero con timo e semi di sesamo. Lascio riposare almeno 30 minuti, ma anche di più, in luogo fresco o frigorifero. Deve raffreddare bene.
Inforno a 200°C ventilato ( forno già caldo) e cuocio 30 minuti. Sarà pronta quando bella dorata fuori, gonfia e soda all' interno. Faccio riposare 10 minuti, cospargo di miele e servo con una ciotolina di miele a fianco , in modo che ciascuno possa servirsene.
Ogni corso è un viaggio dei sensi
Franco Pepe è meraviglioso, mi sono sentita a casa con lui: parliamo la stessa lingua. Mi sono sorpresa estasiata nel sentirlo: anche lui parla di quanto sono indispensabili i cinque sensi in cucina ( e chi mi conosce sa che è il mio mantra, che lo ripeto all'infinito, instancabilmente ad ogni mia lezione). Ho imparato quanto è importante il tatto per imparare a "sentire con le mani" : sentire la consistenza e la tessitura della farina, sentire la temperatura dell'acqua; e poi il gusto, per assaggiare il sale che abbiamo disciolto nell'acqua; l'olfatto, per odorare il profumo dell'impasto dall'inizio della lievitazione alla fine; la vista, per vederlo crescere; l'udito, per ascoltarne il rumore mentre lo si lavora.
Ho seguito il suo corso ed è stato come vivere in una favola,dove un mago buono ha soffiato la vita in ciò che era inanimato trasformando quelli che fino a un attimo prima erano semplici ingredienti in una creatura piena di vita: l'impasto lievitato. Nulla viene lasciato al caso, le mani si muovono come quelle di un direttore d'orchestra, eleganti, descrivendo nell'aria cerchi di polvere magica, che dosa con sapienza. "Lasciate che l'impasto vi parli e vi guidi facendovi capire come vuole essere lavorato".
Tutta la cucina,nelle sue infinite declinazioni, è un'arte che vanta grandi Maestri. I veri Maestri non si limitano ad insegnare la pura, sterile tecnica ( questo sa farlo chiunque), ma ti insegnano ad innamorarti della loro arte così profondamente che diventa parte di te.
Perché le patate al forno sono più buone al ristorante?
Per preparare un ottimo piatto di patate al forno ( rigorosamente intere) bisogna fare attenzione a consistenza e sapore. Sono fondamentali. Di solito al ristorante sono cotte più lentamente, in modo più uniforme , a temperatura più bassa e più a lungo che a casa. Così l'amido ha modo di idratarsi, esplodere e rendere le patate tenere. La temperatura deve essere compresa tra 150 e 230°C. Quando la forchetta entra facilmente e la buccia raggrinzisce, significa che sono pronte. Se vogliamo essere precisi e disponiamo di un termometro per misurare la temperatura all'interno, questa deve essere vicina ai 100°C, senza raggiungerli n'è tantomeno superarli ( 97-99°C sarebbe perfetto). Importante e' anche il tipo di patata: deve essere amidacea. La si strofina con sale e olio evo e la si cuoce lentamente sulla griglia del forno: avremo così un esterno croccante e un interno soffice. Un frequente errore casalingo è avvolgere le patate nell'alluminio, ciò creerebbe vapore a discapito della croccantezza della buccia: l'umidità intrappolata ci regalerebbe una patata lessa! I condimenti sono molteplici e vanno dai semplici ( burro, panna acida,ecc) ai più fantasiosi. Io amo: formaggio di capra montato con miele di coriandolo, un filo d'olio all' aglio e ceci croccanti e speziati; anche:pangrattato tostato e scalogno fritto, quando voglio qualcosa di croccante
Il sapore del ri-scatto
Torna “Il sapore del ri-scatto”, il pranzo solidale all’interno dell’IPM Cesare Beccaria!
Il difficile mestiere del giornalista gastronomico
La figura professionale più amata e odiata da chi opera nel mondo del food è quella del critico gastronomico ( e poiché a pari merito con quella del giornalista gastronomico, parlerò dell'una rivolgendomi implicitamente anche all'altra). Fatta questa premessa ne faccio un'altra. Un articolo a favore o a sfavore di uno chef o di un ristorante postato sui social da anonimi avventori, che a volte sono solo sedicenti tali e in quel locale non hanno mai messo piede nè hanno mai incontrato lo chef e men che meno assaggiato i suoi piatti, lasciano il tempo e il peso che trovano. L'anonimato conferisce un affascinante potere a chi, voglioso di visibilità, non potrebbe averne altrimenti; dietro una recensione pro o contro scritta con educazione da una " persona perbene" che esprime il proprio pensiero con garbo e cognizione di causa, c'è una coda di improbabili esperti che tali non sono e di livorosi che si ergono a giudici del lavoro altrui, senza averne gli strumenti per esserlo.
Il giornalista gastronomico, che ha anni di studio ed esperienza nel campo, appartiene alla categoria dei professionisti. Questo è il punto 1°. Punto 2°: non parla tanto per parlare e non scrive tanto per scrivere. Punto 3°: parte senza alcun preconcetto di sorta e con una mente aperta ad un totale coinvolginento dei sensi; tutti e cinque.
La vista è il suo primo approccio al piatto, cui segue subito l'olfatto, quindi il tatto e l'udito che agiscono contemporaneamente ( con le posate tocca il cibo per sentirne la consistenza ed anche il rumore che fa al taglio), infine entra in gioco il gusto. Al momento dell'assaggio tutti e cinque i sensi si fondono per regalare quella che può essere un'estasi, una semplice buona impressione o una delusione.
Il bravo giornalista gastronomico, però, non si limita a questo. Vuole conoscere il creatore di ciò che ha assaggiato, la sua filosofia, quali sono le materie prime, da dove vengono e qual è il suo personale rapporto con esse. Insomma, vuole conoscere la "persona", ancora meglio se può farlo prima di sedersi al tavolo, perchè ciò gli permetterà di assaggiare con una mente consapevole di ciò che assaggerà: non solo un insieme di ingredienti, ma anche la storia, la ricerca e lo studio che sono dietro la creazione.
Al giornalista gastronomico potrete raccontare peste e corna dello Chef che andrà ad incontrare, così come potrete magnificargli i meriti: non si lascerà influenzare. E' un professionista serio. Dire che un piatto non ci piace, è ben diverso dal dire che non è buono. Ad esempio: se mi si serve un piatto a base di agnello, non lo mangerò perchè non mangio agnello. Ciò non mi esime dal notarne l'aspetto, la consistenza, la cottura, ma non potrò mai dire che non è buono perché non l'ho assaggiato.
Il senso del discorso è: mai esprimere giudizi su ciò che non si conosce e su chi non si conosce. Dovrebbe essere una regola di vita, in ogni campo. Purtroppo non è così, complice la possibilità di esprimere i propri pensieri gratuitamente e senza merito alcuno. Prima dell'era social se volevi far sapere al mondo la tua opinione, dovevi scrivere una lettera firmata alla redazione di un giornale e aspettare. Se non avevi detto stupidaggini, se il tuo pensiero era di pubblico interesse e ti eri espresso educatamente, ecco che allora - forse e dopo attento esame - la tua lettera avrebbe avuto qualche chance di essere pubblicata. A Milano diciamo:"Offelee fa el tò mestee" ( letteralmente" pasticciere fai il tuo mestiere", a ciascuno il suo). Parlare è lecito, ma giudicare no; per farlo occorre avere gli strumenti, padroneggiare la materia, averla studiata e conoscerla. Solo in tal caso il giudizio ha valore, altrimenti sono solo chiacchiere da bar.
Quindi, non diamo mai credito alle "voci", al "sentito dire". Ascoltiamo chi del giudizio ha fatto il proprio mestiere per avere un'idea d'insieme e poi verifichiamo di persona; e se proprio vogliamo raccontare la nostra esperienza facciamolo in modo oggettivo, con sano criticismo storico.
Questo è il difficile lavoro del giornalista gastronomico.
Salsa di coriandolo e peperoncino
SALSA DI CORIANDOLO E PEPERONCINO
Occorrono coriandolo fresco e peperoncino fresco , regolandovi in quantità secondo il vostro gusto e col tipo di peperoncino che volete ( 1:1, 2:1, ecc). Io, pur amando il peperoncino piccante, in questa preparazione uso quelli con piccantezza media, in dosi pari al coriandolo.Tritate tutto il coriandolo, gambi compresi, tritate il peperoncino, tagliate a metà tre spicchi d'aglio.. Quindi frullate tutto insieme , con olio, succo di limone o lime, e sale fino ad ottenere una crema. Assaggiate per regolare di sale e\o succo di limone o lime. E' pronta. Deve essere servita a temperatura ambiente. Potete conservarla in frigo, in un barattolo o coperta da un foglio di pellicola, ricordando di mescolarla sempre bene prima di servirla.
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